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Dalle mie analisi il mercato in questione è quello svizzero, più precisamente l’ indice MSCI Switzerland 20/35. Intendiamoci, non è che esso abbia la volatilità di un BOT, ma riesce a mantenere quest’ultima su valori più contenuti rispetto agli altri mercati.
Ora è lecito chiedersi quali siano i fattori che portano tale indice ed essere meno volatile degli altri. Sicuramente i motivi vanno ricercati nella sua composizione: basta solo far notare che l’indice MSCI Switzerland è composto da 40 titoli, ma i primi 3 pesano per il 50% del totale; ovviamente non stiamo parlando di piccole aziende bensì di veri e propri colossi, multinazionali attive in settori stabili, con business solidi e super avviati, con generose politiche dei dividendi e con storie societarie che risalgono al diciannovesimo secolo. Stiamo parlando in ordine di peso dei seguenti titoli: Nestlé, Roche e Novartis.
Ma anche guardando l’indice nella sua interezza, spicca una ponderazione settoriale sbilanciata verso la sanità e i beni di consumo di base, cui seguono (con un certo distacco) i titoli finanziari.
Oltre a ciò l’ indole difensiva di questo mercato deriva anche dal fatto che esso risulta quasi del tutto scarico di tecnologia, accostabile a tale settore mi viene in mente soltanto il titolo Logitech.
Dunque abbiamo visto come la minor volatilità può essere attribuibile alla particolare composizione (se arriva una crisi le barrette della Nestlé le compro lo stesso, le medicine uguale, forse anche di più in preda alle preoccupazioni). Chiarito questo, c’è però un altro dettaglio che non deve sfuggire in relazione a tale mercato, ossia la valuta, infatti un investimento in un indice come l’ MSCI Switzerland è espresso in franchi svizzeri, stiamo parlando di una valuta generalmente riconosciuta come bene rifugio, ciò costituisce un ulteriore cuscinetto in grado di attutire la volatilità in periodi di turbolenze sui mercati.
Delineato il contesto introduttivo, vediamo sul lato pratico come può un investitore sfruttare queste informazioni nella propria operatività.
Personalmente rimango sempre dell’idea che mercati specifici come quello svizzero vanno approcciati all’interno della componente satellite di portafoglio; detto ciò, ci possono essere varie strategie attuabili, su diversi strumenti.
Partiamo dall’ investitore che si avvalga di un approccio discrezionale (anche per una porzione minoritaria di portafoglio, ad esempio un 5% o un 10%), esso può privilegiare un indice del genere in un momento in cui si aspetta incertezze o possibili storni di mercato, con l’obiettivo di fare meglio (o meno peggio) di un benchmark di riferimento.
Immaginiamo invece un investitore che opera in maniera sistematica, esso potrebbe realizzare un portafoglio (ad esempio di Etf) che tra un paniere predefinito di asset investibili si posizioni su quelli che presentano la maggiore forza relativa; se l’investitore in questione vuole prima di tutto ridurre il rischio, per la parte azionaria può selezionare i mercati nazionali che risultano meno volatili, tra cui quello svizzero, e concentrarsi essenzialmente su quelli.
Ancora, chi lavora con logiche statiche, componendo un portafoglio diversificato e decorrelato e limitandosi a ribilanciare, potrebbe inserire nella parte azionaria di portafoglio una porzione d’ investimento dedicata al mercato svizzero, l’obiettivo è sempre quello di smussare la volatilità totale e cercare di migliorare il profilo rendimento/rischio.
Abbiamo capito che in alcuni casi un’esposizione al mercato azionario svizzero può rivelarsi una scelta tutt’altro che stupida, ma attraverso quale strumento possiamo coprire tale investimento?
Per esporsi al mercato svizzero una soluzione comoda è quella di andare su Etf; sul mercato italiano ce ne sono attualmente 3, Per quanto mi riguarda va benissimo il seguente prodotto:
ISIN LU0977261329, Ticker SW2CHB
ISIN: LU0087657408
ISIN: DE000VN9CHF8
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