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Questa strategia cerca di ridurre l’ esposizione netta a mercato, andando a controbilanciare l’ esposizione long con la parte short in modo da essere maggiormente neutrali rispetto all’andamento di mercato (riducendo di fatto il rischio di mercato).
Gli hedge funds spesso adottano tale approccio con un bias di tipo long, è molto frequente ad esempio la strategia 130/30, in cui l’ esposizione long è pari al 130% del capitale gestito, mentre l’ esposizione short è pari al 30% dello stesso. Questa strategia fa uso della leva finanziaria (pari in questo caso al 60%), ma l’ esposizione netta al mercato è del 100%, come nel caso di una strategia long only, il che attutisce il rischio dato dalla leva.
Solo un ristretto numero di hedge funds adotta la strategia long/short con bias di tipo short, ciò è spiegabile dal fatto che il mercato azionario ha un orientamento rialzista di lungo termine, perciò è più difficile operare sul lato short in maniera redditizia (oltre al fatto che lo short selling è più rischioso).
L’ approccio long/short è molto flessibile, e si può declinare in più modi: ad esempio se credo che con la vaccinazione di massa e le conseguenti riaperture possano avere la meglio i titoli che avevano più sofferto in precedenza, allora posso implementare una strategia long/short a livello di differenti indici di uno stesso paese (vado long di Dow Jones e short di Nasdaq), a livello di area geografica (ad esempio long Giappone short Usa), a livello di settori (long energia short tecnologia), di filosofia d’ investimento (long value short growth) e così via.
Una variante popolare dell’ approccio long/short è il pair trading (commercio di coppia), la quale prevede una posizione lunga su un titolo bilanciata da una posizione corta su un titolo dello stesso settore.
All’interno del settore food and beverage un investitore potrebbe andare long su Coca Cola e short su Pepsi: assumendo che esso compri 600 azioni di Coca Cola ad un prezzo di 50 $, l’esborso totale sarebbe di 30.000 $; per pareggiare l’ esposizione long con quella short l’investitore deve ora vendere 30.000 $ di azioni Pepsi, supponendo che il prezzo di un’ azione sia pari a 120 $, vorrebbe dire che occorrerebbe vendere 250 azioni. Ovviamente lo sviluppo ideale di questa strategia sarebbe l’apprezzamento di Coca Cola ed il ribasso di Pepsi, ma la strategia si manterrebbe comunque redditizia (anche se meno del caso precedente) nel caso in cui Coca Cola sovraperformerebbe Pepsi.
Tuttavia visto che all’interno di uno stesso settore i titoli tendono ad andare nella stessa direzione, per massimizzare il rendimento di questa strategia si tende spesso ad utilizzare settori diversi per la gamba lunga e corta. Così, se pensiamo che i tassi d’ interesse siano destinati a salire, possiamo ad esempio andare long su un settore difensivo come quello della salute e short su un settore che soffre un contesto di tassi più alti come quello delle utilities.
Anche se le strategie long/short possono avvalersi di derivati e della leva finanziaria, tale approccio cerca di mitigare la volatilità nonché di avere un beta più basso rispetto al mercato. Per tali caratteristiche esso offre rendimenti anche molto diversi rispetto agli investimenti azionari tradizionali (long only). Tale strategia tende a restare indietro rispetto agli indici durante i grandi rialzi dei mercati azionari, tuttavia essa tende ad essere meno volatile e più stabile durante i ribassi profondi.
L’ operatività long/short dà il meglio nel momento in cui le correlazioni fra i titoli diminuiscono e la dispersione tra i rendimenti dei vari settori aumenta.
I gestori long/short operano su base assoluta (absolute return) non essendo quindi vincolati ad un benchmark.
Gli hedge funds long/short più grandi sulla base delle masse gestite sono: Bridgewater Associates, Lion Pine Capital, Egerton Capital, ValueAct Capital e Brummer and Partners.
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