Le strategie degli hedge funds: Event driven

Mag 3, 2021 | Educational e approfondimenti vari

L’ approccio event driven rappresenta un tipo di strategia che cerca di avvantaggiarsi da delle temporanee quotazioni “errate” di determinati titoli, e quindi da inefficienze di prezzo manifestatesi generalmente prima o dopo un evento aziendale significativo.

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Tali eventi aziendali includono acquisizioni, fusioni, scissioni, ristrutturazioni, fallimenti, ma anche earning call.

Si tratta di una strategia che richiede una notevole specializzazione, infatti per analizzare bene gli effetti di operazioni straordinarie come quelle elencate prima occorrono competenze non banali ed eventualmente contatti con le aziende oggetto d’ investimento. Generalmente quindi tali hedge funds impiegano un team di specialisti in questi eventi catalizzatori, per assumere le decisioni d’ investimento ritenute più opportune. Ovviamente per controllare il rischio, il portafoglio viene diversificato su più posizioni.

L’ approccio event driven ha dunque questo presupposto alla base, dopodichè si può declinare in più varianti.

Le sottocategorie di questo approccio sono generalmente 2: merger arbitrage e distressed securities. Una terza variante può essere quella che opera seguendo più logiche (detta anche event driven multistrategies).

L’ approccio merger arbitrage (arbitraggio di fusione) è incentrato sulle operazioni di fusione e acquisizione. Spesso in queste circostanze il titolo della società in procinto di essere acquisita sale, anche se potrebbe non raggiungere il prezzo offerto dall’ acquirente. Questo spread, ovvero la differenza tra prezzo offerto e prezzo di mercato, riflette la rischiosità dell’operazione, infatti maggiore è lo spread, maggiore è la probabilità che l’acquisizione non venga portata a termine (per esempio a causa di interventi legislativi o per altre problematiche). E’ a questo punto che subentra il lavoro degli analisti che lavorano per gli operatori merger arbitrage, i quali valuteranno innanzitutto la possibilità che l’ acquisizione vada a buon fine o meno, facendo ragionamenti sul prezzo, sul contesto normativo, sull’ adattamento tra i prodotti o servizi offerti dalle 2 società. Se dalle analisi effettuate risulta una forte probabilità che l’operazione vada in porto, si possono acquistare le azioni della società target. Se l’acquisizione si perfeziona si avrà un guadagno, viceversa ci sarà un impatto negativo sui prezzo sul titolo target, che tenderà a rendere inefficace la strategia.

In realtà un’ operazione di merger arbitrage può essere declinata in più di una modalità:

  • Si acquistano solo le azioni della società target (generalmente quando c’è un’ offerta di tipo cash deal, ossia l’acquirente paga in denaro per ottenere il controllo della società target);
  •  

  • Si acquistano azioni della società target e si va short sulla società acquirente, generalmente quando l’offerta è inerente allo scambio di titoli, ossia i possessori della società target ricevono in cambio azioni della società acquirente (tale modalità è detta stock for stock deal). In tal caso si opera long e short in quanto c’è la necessità di coprirsi dal rischio di ribasso dell’ azione della società acquirente.

ESEMPIO DI MERGER ARBITRAGE

La società A annuncia l’acquisizione della società B per 40 $ ad azione; la società B, che quotava 30$ ad azione, appena arriva l’annuncio dell’acquisizione sale a 35 $.
I 5 dollari di spread costituiscono il rischio che l’acquisizione non giunga a termine.
Un gestore che ha fatto le sue analisi ed è convinto che l’ acquisizione andrà in porto può acquistare il titolo B a 35 e vendere il titolo A; se le cose andranno come previsto, il gestore otterrà un profitto. Un’ operatività del genere è implementabile anche tramite derivati, ad esempio attraverso l’ acquisto del titolo B e l’ acquisto di opzioni put sul titolo A.

Se invece l’ investitore crede che l’ acquisizione non si completerà, può agire diversamente, ad esempio vendendo allo scoperto la società target.

Le strategie di tipo distressed invece vanno a scovare titoli (azioni o obbligazioni) fortemente scontati, i quali riflettono la condizione di difficoltà delle aziende sottostanti, le quali si trovano ad affrontare momenti molto delicati, riferibili ad esempio a ristrutturazioni aziendali, risanamenti, fallimenti. Un titolo può tuttavia essere considerato distressed anche qualora non riesce a mantenere determinati standard: ad esempio un certo rapporto tra attività e passività, o un certo rating creditizio, violando così alcune condizioni di emissione del titolo.

Per quanto riguarda i titoli obbligazionari distressed, essi hanno generalmente rating pari o inferiore a CCC. In via generale il tasso di rendimento atteso sui bond distressed è di oltre il 10% superiore rispetto al tasso free risk (ad esempio un Treasury Bill o un Treasury Bond). Quindi se un titolo di Stato Usa a 5 anni rende l’ 1%, un bond distressed tende ad avere un tasso di rendimento dell’ 11% o più.

Un esempio recente di titolo distressed è rappresentato dai bond Hertz, di cui ho parlato alcuni giorni fa in questo articolo che ti consiglio di consultare qualora te lo fossi perso: https://fb-advisor.it/unobbligazione-da-840

Quando accadono eventi significativi che fanno sprofondare al ribasso un titolo, generalmente tende anche a modificarsi l’assetto proprietario, con molti investitori, sia privati che istituzionali, che liquidano la posizione, o perché obbligati per mandato, o perché preferiscono evitare di restare investiti su titoli traballanti. Ecco allora che ciò può provocare delle discese anche eccessive dei titoli interessati, è proprio in questo momento in cui c’è odore di sottovalutazione che si fiondano gli hedge funds che operano con logica distressed, i quali scommettono su un riassestamento delle quotazioni di tali titoli.

Allo scopo di contenere l’ operatività su quei titoli con ampia possibilità di riprendersi, tali fondi attuano delle analisi per andare a fondo sugli eventi che hanno comportato un deterioramento dello stato di salute della società, in modo da avere buone probabilità che la situazione di difficoltà sia temporanea e reversibile.

In altri casi gli investitori possono prevedere che l’azienda fallirà, ma che ci saranno anche in questo caso abbastanza soldi per coprire in caso di liquidazione i titoli acquistati.

Tale strategia è sicuramente più in voga negli Usa, dove la legge dispone la procedura fallimentare non tanto come processo che mette fine ad un’impresa, quanto come iter di prolungamento della vita aziendale.

In conclusione i fondi event driven adottano strategie non direzionali, fregandosene dell’andamento del mercato ma cercando di avvantaggiarsi da anomalie di prezzo di determinati titoli.

Sia l’ approccio merger arbitrage sia quello distressed sono infatti legati a dinamiche proprie di singole società; proprio per questo loro andamento indipendente dal mercato costituiscono un’ interessante soluzione di decorrelazione.

Anche se ciò è indubbiamente vero, è anche vero però che tali fondi hanno maggiori potenziali vantaggi nei periodi in cui si intensificano le attività di merger and acquisition, le quali vanno di pari passo con la crescita dell’ economia. Oltre a ciò generalmente in tale approccio le posizioni lunghe fanno da padrone, e anche se sono presenti posizioni di copertura, l’esposizione netta a mercato è positiva.

Le strategie event driven tendono a fare bene in presenza di elevati livelli di fiducia da parte delle imprese, nel caso di tagli fiscali e/o rimpatri fiscali. Piccole correzioni di mercato non scalfiscono tale strategia, visto che le attività di M&A tendono a rimanere su livelli elevati, tuttavia delle correzioni profonde inficiano le attività di M&A e tendono a zavorrare le performances.

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