Inflazione galoppante: quali sono i settori e le aziende da preferire? (Prima parte)

Feb 24, 2022 | Educational e approfondimenti vari

Il contesto attuale vede un’ inflazione al rialzo praticamente dappertutto, motivo per cui il carovita è diventata la variabile cui si presta la maggiore attenzione in ambito economico e finanziario.

Il motivo di tutto ciò è che come sappiamo dall’ inflazione dipendono le politiche monetarie delle banche centrali e di conseguenza le aspettative degli investitori.

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Prima di vedere nel pratico i settori e le aziende che possono essere interessanti nell’ attuale contesto, vediamo di fare un’ introduzione della recente dinamica inflattiva, per spiegare al lettore come e perché si sono verificate le attuali circostanze. Ciò è utile affinché chi legge abbia un quadro più nitido ed esaustivo dei risvolti attuali.

L’ esplosione al rialzo dell’ inflazione degli ultimi tempi affonda le sue radici in una pluralità di dinamiche senza precedenti che si sono susseguite a partire dallo scoppio della pandemia di 2 anni fa: per contrastare la crisi economica globale dovuta ai vari lockdown i vari paesi hanno attuato misure di sostegno ai cittadini e alle imprese, in altre parole aiuti sotto forma di politiche fiscali e monetarie espansive; in America la portata di queste misure è stata davvero unica, dove invece i rubinetti sono stati meno aperti è in determinate aree dell’ Asia, dove infatti l’ inflazione si è mantenuta sotto controllo.

Siamo nel 2020, la pandemia comporta minori spese da parte delle aziende per rifornirsi di prodotti, anche per rispondere ad una domanda in forte contrazione, inoltre in alcuni casi la chiusura forzata di molte attività nel periodo di lockdown dà vita al rallentamento della produzione (e quindi dell’ offerta), in un contesto in cui le scorte si vanno ridimensionando.

Il tutto però accade molto rapidamente, con il virus che piano piano perde forza, ciò favorisce le riaperture graduali, uno spiraglio di luce verso il ritorno alla normalità.

Nel frattempo i cittadini si ritrovano con maggiori risparmi in tasca, forti degli aiuti economici e anche perché semplicemente impossibilitati a fare tante spese abitudinarie (pensiamo ai viaggi, ristorante, palestra, discoteca ecc.).

E cosa succede se quando le riaperture prendono piede i cittadini si ritrovano: 1) con più soldi; 2) con più voglia di vivere?

Succede che iniziano a spendere e a rimettere in circolo la domanda, con una forza totale che l’ offerta non riesce a starle dietro, visto che ai sottoinvestimenti e alla riduzione delle scorte tipici del periodo di chiusure generali si sommano altre circostanze che rincarano la dose, come ad esempio i colli di bottiglia nelle varie fasi dei processi produttivi: dall’ approvvigionamento delle materie prime (l’ energia è ancora oggi sulla bocca di tutti) alla logistica (congestione dei porti, costi di spedizione dei container alle stelle).

Insomma un vero e proprio caos, un intasamento dell’ offerta proprio nel periodo di ripresa, di boom della domanda, drogata dagli steroidi monetari e fiscali.

Non dimentichiamo poi altri fattori susseguitisi nel mercato del lavoro, con un calo della manodopera disponibile (se mi pagano per stare a casa comodo, due domande prima di accettare il primo lavoro che arriva me le faccio, e al limite chiedo uno stipendio maggiore per accettare). Ecco quindi un’ altra dinamica dai risvolti inflazionistici.

Ripercorsa la situazione generale, colleghiamo quanto detto ai produttori e spostiamoci sempre più verso i giorni nostri.

Quindi se io azienda ho: costi per le materie prime più elevati, costi di spedizione maggiori, devo pagare l’ energia elettrica un sacco di soldi in più, devo stipendi più alti ai dipendenti e ho costi maggiori per i vari confezionamenti e imballaggi (guardare il prezzo del legno per rendersene conto), allora ho un problema, ossia che i costi alla produzione sono saliti alle stelle, infatti il PPI (Production Percentage Index) delle principali economie sono saliti a livelli estremi.
Di conseguenza, se non voglio avere ripercussioni negative sui margini dovrò alzare i prezzi.

Pensiamoci, se prima quello che vendevo a 120 mi costava 100, mentre oggi mi costa 120, vendere allo stesso prezzo non è più sostenibile. Infatti l’ inflazione come dicevamo prima è esplosa al rialzo, negli Usa l’ ultimo dato uscito riporta un incremento del 7,5% della stessa, il più forte dal 1982, un dato maggiore del previsto e che a detta di molti è anche sottostimato.

Abbiamo visto quindi che le aziende devono alzare i prezzi ai consumatori per non avere ricadute sui margini, ma ciò non è sempre facile e immediato come può sembrare, in quanto ad esempio se alzo troppo i prezzi i miei clienti cercheranno un’ alternativa più economica, preferendo magari il prodotto/servizio di un mio concorrente. Per tale ragione è importante in un regime di inflazione crescente posizionarsi su aziende che hanno un elevato pricing power, che tradotto significa potere di determinazione del prezzo.

Tale potere per farla semplice misura la capacità di un’ azienda di alzare i prezzi senza perdere i clienti.

Esso rappresenta uno tra i principali vantaggi competitivi per un’ azienda.

Uno studio di Ubs ha sancito che le azioni ad elevato pricing power hanno sovraperformato del 20% in media, nei 12 mesi successivi, quelle con scarso pricing power, una volta che l’ inflazione ha superato il 3% annuo.

Se ciò non bastasse, il leggendario investitore Warren Buffett ha definito il potere di determinazione del prezzo come la decisione più importante nella valutazione di un business. Volendo ricordare un’altra celebre frase a riguardo da parte dell’ oracolo di Omaha, egli ha affermato che:” se hai il potere di aumentare i prezzi senza perdere affari a causa di un concorrente, hai un ottimo business, mentre se devi pregare prima di aumentare il prezzo di un 10%, allora hai un pessimo business”.

Il potere di determinazione del prezzo di un prodotto/servizio è determinato da un insieme di fattori: dal grado di unicità del prodotto, dal grado di concorrenza, dalla fidelizzazione del cliente (misurabile anche dalla qualità percepita per il prodotto in questione e dal valore del brand nella mente del consumatore), ma anche dall’ elasticità della domanda al variare del prezzo e dall’ efficacia di una campagna pubblicitaria.

Per misurare il pricing power a livello quantitativo si può guardare alla redditività e valutare il margine lordo di un’ azienda e la stabilità di quest’ ultimo.

L’ economista russo-britannico Abba Lerner, nel suo Lerner Index, calcolava il potere di determinazione del prezzo come (P – MC)/P dove P è il prezzo e MC è il costo marginale. Esso dice quanto l’ azienda vende al di sopra del suo costo marginale.

Alcuni accademici delle università di Iowa e dell’ Indiana hanno recentemente riscontrato che c’è una correlazione positiva tra il potere di determinazione del prezzo delle aziende e i loro flussi di cassa futuri; ma non solo, si è inoltre scoperto che le società ad elevato pricing power hanno anche una minore volatilità del margine di profitto oltre che una minore dispersione delle previsioni degli analisti.

Se infatti un’ azienda può facilmente ribaltare l’ aumento dei costi sui consumatori finali attraverso prezzi maggiori, i suoi margini saranno più stabili, e di conseguenza anche le previsioni degli analisti tenderanno ad essere più allineate, in quanto sarà meno arduo stimare gli EPS (utili per azione) futuri, in presenza di una minore variabilità storica.

Dopo aver argomentato su quello che è il contesto attuale e visto il concetto di pricing power, scendiamo più nel pratico in modo da capire quali sono i settori, i temi e le aziende da preferire in termini di pricing power.

Prima di iniziare da cosa è opportuno fare, partiamo dicendo ciò che è bene evitare: personalmente sconsiglio di addentrarsi in business troppo regolamentati, ad esempio tra le utilities, ricordo infatti che diverse utilities del gas sono fallite in UK di recente, poiché di fatto impossibilitate a ribaltare sui consumatori finali gli aumenti subiti, in virtù dei massimali tariffari introdotti dal governo nel 2019.

Tra le società di pubblica utilità consiglierei poi di evitare quelle aziende con servizi praticamente omogenei a quelli dei concorrenti, perciò facilmente rimpiazzabili, le quali competono tra loro solo attraverso la leva del prezzo (mi vengono in mente le compagnie telefoniche ad esempio).

Ancora, c’è da stare attenti anche relativamente a quelle società non troppo consolidate, anonime a livello di marchio e in settori ad alta concorrenza.

A questo punto, per non essere eccessivamente prolissi, terminiamo questa prima parte di approfondimento, a breve verrà pubblicata sul mio gruppo chiuso Facebook, ecco il link per iscriverti se non vuoi perdertela una seconda parte dell’approfondimento, che avrà un taglio più pratico, dove saranno trattati i settori e i temi più interessanti in termini di pricing power, fornendo esempi di aziende che hanno la potenzialità di essere resilienti in questa delicata fase, in modo da trovarsi nelle condizioni di sovraperformare il mercato generale.

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