Ma facciamo un passo indietro e inquadriamo la situazione da un’ altra angolazione.
Ultimamente molti analisti ed investitori sono preoccupati per il continuo restringimento dell’ ampiezza del mercato azionario. Cosa significa in termini più semplici?
L’ ampiezza del mercato azionario è un indicatore che monitora il numero di titoli che partecipano alla fase di rialzo o di ribasso. L’ ampiezza si dice positiva quando ci sono più titoli che salgono rispetto a quelli che scendono, viceversa è negativa.
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Ci sono svariati indicatori che analizzano l’ ampiezza di un mercato: Advance/Decline index, New highs-Lows Index, percentuale di titoli sopra o sotto la media mobile a 200 periodi, Cumulative Volume Index, On Balance Volume (OBV).
Nell’attuale fase di mercato l’ampiezza è molto ristretta, con i principali indici di mercato che sono praticamente tenuti a galla dai soliti titoli noti a tutti e ormai mega capitalizzati, che proprio per questo motivo esercitano una sempre maggiore incidenza sugli indici, nella buona e nella cattiva sorte.
Se si dovesse verificare quest’ultima circostanza, sono sicuro che gli investitori e il marketing finanziario riscoprirebbero soluzioni più resilienti, quali ad esempio gli indici equal weighted; un po’ come oggi avviene per l’ universo inflation linked e commodities, che improvvisamente hanno ritrovato popolarità e stranamente sono presenti in ogni bozza di portafoglio costruito dagli investitori, oltre che coperti da un numero sempre crescente di strumenti che l’industria finanziaria si affretta a sfornare.
Ma perchè gli indici equal weighted, ossia ad uguale ponderazione, dove quindi tutti i componenti hanno lo stesso peso percentuale interno, sono più resilienti in determinate circostanze?
Innanzitutto perchè essi offrono maggiore protezione nel caso in cui quei pochi titoli ad elevato peso subissero delle flessioni di mercato. Gli indici equal weight poi hanno una ripartizione settoriale più stabile e bilanciata rispetto ai cap weighted. Per capire meglio ciò facciamo un esempio, se nell’ S&P 500 la versione equal weighted contiene 500 titoli ognuno dei quali pesa lo 0,2%, ne consegue che il peso di ogni settore è una funzione diretta del numero di titoli appartenenti ad esso contenuti nell’indice: se banalmente fanno parte del settore energetico 50 titoli dei 500 complessivi dell’ indice, allora esso peserà per un 10%:
**Dati non aggiornatissimi, ma servono giusto a rendere l’ idea.
Certo c’è da dire che per come sono strutturati gli indici equal weighted tendono a sovrappesare le società più piccole, ciò comporta un maggior rischio, infatti se si va a vedere la deviazione standard di tali indici essa risulta un po’ più elevata rispetto a quella delle loro controparti cap weighted; ciò si potrebbe tuttavia cercare di sfruttare a proprio vantaggio, attraverso una logica operativa di tipo PAC con orizzonte temporale molto esteso.
Oltre al sovrappeso del fattore size, abbiamo anche una sovraesposizione verso quei titoli più snobbati, contraddistinti da quotazioni più economiche, ossia verso il fattore value, altro motore di sovraperformances nel lungo termine. Viceversa gli indici ad uguale ponderazione risultano sottopesati allo stile growth.
Va detto anche che tali indici necessitano di più movimentazione per lasciare inalterata la loro esposizione iniziale ed evitare così di incappare in sbilanciamenti di portafoglio, per cui essi hanno più costi impliciti (di turnover) rispetto alle controparti cap weighted. A ciò si aggiunge il fatto che i replicanti di tali prodotti come gli Etf, presentano un Ter generalmente maggiore dei rivali ponderati per la capitalizzazione, dunque abbiamo anche costi espliciti maggiori.
Arrivati sin qui, è opportuno porre l’ attenzione a quali vantaggi possiamo riscontrare rivolgendoci ad indici di tipo equal weighted.
Sicuramente essi rappresentano una scelta più conservativa se dovessimo decidere di investire oggi, in quanto il mercato ai massimi non ci dice cosa sta effettivamente avvenendo sotto la superficie.
Per spiegare meglio tale passaggio prendiamo ad esempio un indice molto ampio come il Nasdaq Composite, che si presta bene ad una lettura dell’ampiezza del mercato, esso è poco sotto ai record storici, ma la media delle sue azioni è ad un qualcosa come il 40% sotto ai propri massimi. Di conseguenza è come se il mercato di fatto abbia già virato al ribasso, attraverso una sorta di correzione impercettibile, dunque comprando equal weight è come se comprassimo più a sconto.
L operatività su prodotti equal weighted può essere declinata in diversi modi: in ottica di asset allocation strategica, di pac, ma anche in ambito tattico (ad esempio inserendo tale fattore assieme ad altri all’interno di un paniere e cercando di posizionarsi sul fattore più in forma).
Onestamente credo che il fattore equal weighted nei prossimi 10-15 anni possa sovraperformare quello cap weighted; oltre a ciò, esso rappresenta un modo di allocare le risorse molto equilibrato, che fa perno sui principi della mean reversion;
ancora, tale fattore è correlato positivamente all’ ampiezza e quindi alla salute del mercato nel complesso; infine esso incorpora un protocollo di gestione più passivo, nel senso che anche dovendo ribilanciare periodicamente, non muta la sua forma in ottica trendfollowing per ciò che riguarda la sua ripartizione percentuale settoriale e dei singoli titoli.
Attualmente sul mercato italiano non c’è tanta scelta di prodotti equal weighted adatti alla parte core di portafoglio: sulle large cap manca un Etf che faccia da replicante all’ MSCI World Equal Weighted, mentre ad esempio sulla parte world mid cap è possibile contare sul seguente strumento:
ISIN IE00BP3QZD73, Ticker IWSZ
ISIN IE00BLNMYC90, Ticker XDEW
ISIN LU0599613147, Ticker S6EW
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