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Oltre a ciò, tale sistema è anche uno strumento efficiente per catturare l’ampiezza, la profondità e l’ evoluzione dei vari settori industriali.
La logica di tale classificazione prevede che ogni impresa venga inserita all’ interno di un preciso settore in funzione del proprio core business, individuato attraverso precisi criteri d’analisi, tra i quali il principale consiste nell’individuazione del settore da cui proviene il grosso dei ricavi.
GICS sul lato pratico è un sistema impostato su 4 livelli, che parte dal settore generale per scendere via via verso il sottosettore più specifico. In particolare esso identifica sistematicamente ogni azienda per: settore, gruppo industriale, industria e sottosettore. Conseguentemente si tratta di uno strumento utile per identificare i concorrenti di un’azienda nello stesso settore.
Gli 11 settori generali sono:
- Energia
- Materiali
- Industria
- Consumi discrezionali
- Consumi di base
- Salute
- Finanza
- Tecnologia
- Servizi di comunicazione
- Servizi di pubblica utilità
- Immobili
Ecco un esempio di come si presenta la classificazione aggiornata, relativa al settore energia.
La struttura GICS riflette lo stato attuale delle industrie nei mercati d’investimento globali. Per assicurare che essa rimanga pienamente rappresentativa della situazione odierna, ogni anno MSCI e S&P conducono una revisione di tale classificazione. Negli anni un insieme di cambiamenti ha comportato l’aggiunta, l’eliminazione o la ridefinizione di sottosettori, industrie, gruppi industriali e settori. Ad esempio dal 2016 è stato aggiunto il settore immobiliare. Nel 2018 il settore delle telecomunicazioni è stato ribattezzato come: servizi di comunicazione, e allo stesso tempo è stato ampliato per ospitare alcune società del settore media e intrattenimento, precedentemente accostate al settore dei consumi discrezionali, oltre che società legate ai servizi e media interattivi, prima considerate all’ interno della tecnologia.
Attualmente la struttura GICS è formata da: 11 settori, 24 gruppi industriali, 69 industrie e 158 sottosettori.
Al di fuori del GIGS, c’è un altro standard, rivale di quest’ultimo e ampiamente riconosciuto e utilizzato dalla comunità finanziaria, si tratta dell’ ICB (Industry Classification Benchmark), frutto della collaborazione tra il gruppo londinese FTSE e Dow Jones.
ICB e GICS non sono tuttavia così diversi, le differenze si riscontrano più che altro ai livelli più bassi, ad esempio tra i sottosettori, ma il loro impatto non è così significativo.
E’ opportuno sottolineare come negli ultimi anni le classificazioni come GICS e ICB siano state messe in discussione; le critiche mosse vertono sul fatto che tali misurazioni sono frutto di un’epoca ormai superata, in cui le linee di confine tra un’industria e un’altra erano ben delineate, mentre oggi abbiamo giganti come i FAANG che sono diventati dei veri e propri conglomerati, attivi in una moltitudine di settori: pensiamo ad Apple, che oltre ad essere attiva nell’elettronica di consumo vende servizi d’intrattenimento ed è entrata nel business dei pagamenti digitali, per non parlare di Amazon, attiva un po’ dappertutto, dall’intrattenimento all’intelligenza artificiale, dal settore cloud a quello dei pagamenti digitali; e Tesla? E’ solo un industria di auto?
I critici sostengono che sarebbe ora di aggiornare tali classificazioni, sostituendole o comunque integrandole con dei nuovi standard incentrati più che altro sul modello di business, in modo da riflettere meglio il contesto attuale.
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