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All’interno degli emerging bonds ci sono poi varie sfaccettature, in molti casi essi sono espressi in valuta forte (dollaro americano), allo scopo di limitare il rischio dato dalle oscillazioni valutarie di questi paesi: molto spesso infatti le valute emergenti vivono delle tensioni sui mercati, che riflettono le fragilità che si registrano in questi territori a livello sociale, politico ed economico. Tuttavia ci sono anche quegli investitori che vogliono mettere un po’ di pepe al portafoglio (o anche diversificare piccole porzioni dello stesso in valute esotiche), di conseguenza scelgono di posizionarsi su strumenti del genere ma senza lo scudo dato dalla valuta forte o dall’ hedging valutario, bensì direttamente in valuta locale.
Oggetto del confronto odierno saranno proprio 2 Etf obbligazionari riferiti ai paesi emergenti in valuta locale, lo scopo è quello di vedere pro e contro di ognuno ed aiutare l’investitore a prendere una decisione d’investimento efficiente e più razionale possibile.
I 2 prodotti in questione sono:
ISIN IE00B5M4WH52, Ticker SEML
ISIN IE00BH3X8336, Ticker EMLI
A livello di AUM vince nettamente Ishares; la differenza non è di poco conto in quanto su quest’ultimo girano quasi 5 miliardi di €, mentre sul Pimco ce ne sono dentro meno di 100 milioni di €. Ciò si ripercuote anche sulla liquidità dei prodotti, dove Ishares risulta liquido e ben scambiato, mentre Pimco non è il massimo a livello di liquidità.
Per ciò che riguarda i costi di gestione, anche qua la spunta Ishares, che risulta più economico del rivale, con un costo dello 0,50% annuo contro un Ter dello 0,60% del Pimco. Il tipo di investimento decisamente di nicchia si fa sentire sui Ter dei 2 strumenti, sicuramente non tra i più economici in circolazione.
Entrambi attuano una replica di tipo fisico (a campione) e distribuiscono le cedole incassate: la differenza è che mentre Ishares attua una distribuzione dei proventi su base semestrale, Pimco distribuisce cedole ogni mese, proprio come se si ricevesse l’ affitto da un immobile. Strumenti come quest’ultimo sono sempre più impiegati dagli investitori per sostituire o integrare le entrate periodiche provenienti dall’affitto immobiliare.
A livello di diversificazione interna Ishares risulta più diversificato del concorrente, infatti esso ha 267 titoli in pancia, mentre Pimco ne ha 147.
Per quanto concerne la ponderazione geografica, Ishares pone un tetto del 10% per ogni paese inserito; attualmente le partecipazioni principali sono piuttosto equipesate tra Cina, Indonesia, Brasile, Messico e Sudafrica.


Per quanto concerne la differenziazione per scadenze, entrambi gli strumenti spalmano bene i propri attivi lungo diverse maturity: abbiamo quindi scadenze brevi, medio e lunghe all’ interno. La duration di Pimco è pari a 4,64, mentre quella di Ishares risulta essere 5,14, con quest’ultimo che da questo punto di vista è un pelo più sensibile in caso di movimento dei tassi d’ interesse.
Rendimento da distribuzione ad oggi praticamente uguale.
In quanto a qualità del credito, entrambi gli Etf hanno il grosso delle posizioni su titoli con rating investment grade, solo una parte minoritaria è allocata su emissioni speculative grade.
Con riferimento alle performances, queste premiano Pimco, che dalla sua nascita in poi ha praticamente sempre fatto leggermente meglio di Ishares, e ciò a fronte di una volatilità un po’ più contenuta. Conseguentemente Pimco ne esce vincitore anche in quanto a rendimento in rapporto al rischio assunto.
In definitiva sono entrambi 2 strumenti validi, la preferenza per l’uno o per l’altro a mio avviso dipende più che altro da 2 fattori: ovviamente da che tipo di frequenza cedolare si desidera avere, qua ognuno può fare le proprie considerazioni, e dalla movimentazione di portafoglio che si intende effettuare: se il turnover di portafoglio è basso, allora Pimco benché meno liquido può avere un senso e a fronte dei dati che abbiamo lo si può preferire al rivale; viceversa se il turnover di portafoglio è elevato, la sovraperformance di Pimco può non bastare a preferirlo, in quanto si andrebbe incontro a maggiori costi impliciti legati alla minore liquidità del prodotto come ad esempio spread più ampi, che su tante operazioni inciderebbero sulla convenienza a metterlo in portafoglio, visto che le differenze in termini di performances tra i 2 strumenti non sono abissali.
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