Portafoglio satellite: diversificare o concentrare?

Mar 24, 2021 | Educational e approfondimenti vari

Chi si approccia agli investimenti sente sempre parlare della diversificazione e di quanto essa sia importante all’ interno di un portafoglio; niente di più corretto, la diversificazione è una delle principali armi che ha l’investitore (sennò la principale) per non finire in rovina, e un portafoglio poco diversificato suona un po’ come una scommessa.

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Tuttavia quando si affronta tale discorso, vanno fatte delle ulteriori considerazioni: prima di tutto occorre cercare una linea di confine tra quella che può essere una diversificazione ottimale e una diversificazione eccessiva; in aggiunta a ciò va considerato se ci riferiamo alla parte core o alla parte satellite di portafoglio, agli obiettivi che ci poniamo e al nostro grado di rischio.

Poniamo ad esempio il caso di un portafoglio di Etf costruito avvalendosi di un capitale pari a 100, assegnando 80 alla componente core e 20 a quella satellite.
Nella porzione principale di portafoglio il mio obiettivo è di sbagliare il meno possibile replicando di fatto le performances di mercato, quindi poche regole e chiare.
Dall’ altra parte c’è la componente più tattica di portafoglio, il cui obiettivo è sovraperformare il mercato (generare alpha), o al limite produrre un miglior rendimento in rapporto al rischio assunto.

Sul lato core la diversificazione è molto più importante, e per catturare le performances del mercato mi posso banalmente prendere un Etf su MSCI World (che conta circa 1600 titoli), ed uno con focus su Global Aggregate Bond (che ha all’interno 7400 obbligazioni di diverso tipo). In tal modo sicuramente non farò al performance migliore del mondo ma sarò sicuro di non fare quella peggiore.

La componente satellite invece merita una considerazione a sé, infatti se l’ obiettivo è fare molto meglio del mercato, occorrerà fare un portafoglio molto diverso dal mercato stesso, occorrerà non comprare tutto, ma focalizzarsi sulle posizioni che riteniamo vincenti, sul meglio del meglio, essendo coscienti del fatto che ciò comporterà più potenziale rendimento ma anche più potenziale rischio.

In tal caso quindi una maggiore concentrazione è necessaria e non deve essere vista male; più si opta per una diversificazione granulare e più la performance si avvicinerà a quella del mercato.

Scendendo ancora nel particolare, quando si ha a che fare con megatrend o comunque settori caldi che hanno al proprio interno titoli molto volatili, una maggior concentrazione può essere un booster alle performances di portafoglio.

Facciamo qualche esempio, un po’ estremo ma utile per capire il concetto: poniamo di investire 1000 € in un Etf immaginario composto da 10 titoli che pesano ognuno il 10%. Se dopo alcuni mesi 9 titoli restano fermi al nostro prezzo di carico e 1 fa +1000%, allora i 100 € inizialmente allocati in tale posizione diventeranno 1100 € (lasciamo perdere il discorso fiscale per semplificare).
A questo punto avremo che i 1000 € complessivamente investiti saranno diventati 2000. Attenzione ad un fatto però, con un controvalore di 1100 € su un totale di 2000, il peso del titolo fortunato da +1000 non è più del 10% come tutti inizialmente, bensì del 55%, con i restanti titoli che sono scesi da un peso iniziale del 10% al 5%.

Se facciamo lo stesso discorso investendo sempre 1000 € stavolta però in un portafoglio più diversificato, con 100 titoli all’interno, assegnando a ciascuno lo stesso peso avremo 10 € allocati su 100 titoli (equivalenti all’ 1% a titolo).
Anche qua 99 stanno fermi e 1 esplode al rialzo facendo +1000%; l’ effetto in questo caso sarà molto più diluitivo, in quanto i 10 € iniziali allocati nel titolo fortunato diventeranno 110. In virtù del fatto che i restanti titoli sono rimasti a 10 avremo un controvalore totale dell’ investimento pari a 1100, con l’azione da +1000% che peserà ora il 10% in luogo dell’ 1% iniziale ed i restanti titoli che dall’ 1% iniziale scenderanno allo 0,9% circa di peso.

Nel primo caso quindi una performance da +1000% su un titolo che pesava il 10% ha portato a raddoppiare il capitale, facendo diventare gigante questa posizione in confronto alle altre.

Nel secondo caso la performance da +1000% su un titolo che pesava l’ 1% di portafoglio ha portato a fare un +10% complessivo, per effetto della diluizione maggiore.

Ovviamente ciò vale nella buona e nella cattiva sorte, che indubbiamente impatterà di più nel portafoglio più concentrato. Di conseguenza subentrano altre variabili in grado di fare la differenza quali su tutte gestione della posizione e ribilanciamento (che non dimentichiamoci avviene con cadenza predefinita in capo all’ Etf), in altre parole una maggiore attività.

Si tratta più che altro di conoscere alcune dinamiche per cercare di sfruttarle a proprio favore.

In più un altro aspetto a cui bisogna porre attenzione è che quando si ha a che fare con Etf che seppur con lo stesso focus d’ investimento sono molto concentrati e hanno al loro interno titoli molto volatili, scegliere il giusto ISIN può fare la differenza (non basta più scegliere il megatrend giusto).
Ne è un esempio il caso recente di Ishares Global Clean Energy, che rispetto a qualche suo collega con lo stesso focus, ha avuto performances molto diverse (l’ ultimo anno su tutti). Il motivo è da riscontrare nella diversa composizione e soprattutto nel diverso peso assegnato a Plug Power, vero booster del Clean Energy visto che tra marzo 2020 e gennaio 2021 ha realizzato il +3000% circa.
Di conseguenza negli ultimi tempi tutti vogliono il Clean Energy, che è esploso a livello di AUM e di scambi giornalieri, ma nulla vieta che in futuro parta al rialzo un titolo che pesa di più in un Etf “collega”, che porti gli investitori ad “azzuffarsi” per quest ultimo prodotto.

E’ un qualcosa che occorre considerare quando si ha a che fare con Etf con uguale focus ma con poche e diverse posizioni fra loro.

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