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L’ Etf sopracitato ha costi ridicoli, in quanto non si spreca più di tanto ma si limita a comprare tutti i 40 titoli che fanno parte del Ftse Mib in modo da replicare la performance, il fondo attivo viceversa costa di più, in quanto c’è un gestore (una figura esperta) che se ne occupa e non va ad acquistare indistintamente tutti i titoli del Ftse Mib, bensì solo quelli che dalla sua analisi risultano essere i migliori al momento, lasciando da parte quelli che sono i “cavalli zoppi”, in modo da avere così un risultato diverso (migliore) rispetto a quello che avrebbe comprando tutto l’ indice.
La logica di fondo è nobile: io che non capisco nulla di finanza, acquistando un fondo comune d’investimento attivo mi affido ad un team di gestione, a gente preparata, competente, che ogni giorno si sporca le mani sui mercati, in tal modo quando il mercato farà +10% io farò di più, ad esempio +15%, mentre quando il mercato farà -10% io farò -5%.
Tutto bellissimo, a parole, perché se andiamo a vedere delle statistiche a riguardo, scopriremo che la grande maggioranza dei fondi gestiti attivamente fa peggio del mercato.
Ecco a tal proposito un link che rimanda a delle statistiche e a dei report sulla percentuale di fondi attivi sovraperformati dal loro benchmark nei vari paesi, e in riferimento ai diversi focus di investimento: large cap piuttosto che small cap per le azioni, high yield piuttosto che investment grade per i bond e così via:
Nel lungo periodo quindi comprare “il mercato”, quindi Etf, è una scelta statisticamente vincente rispetto alla scelta di acquistare fondi attivi.
Ma allora cosa deve fare il risparmiatore cosciente di tutto ciò? Deve comprare Etf per il 100% del portafoglio e lasciar perdere del tutto i fondi attivi?
Potrebbe essere una scelta, tuttavia io non sarei così drastico, anche perchè, per quanto siano una netta minoranza, fondi attivi gestiti ottimamente se ne trovano.
Quindi i 2 strumenti possono essere complementari e lavorare bene insieme.
Qualora si vogliano includere anche i fondi attivi nel proprio portafoglio, consiglio di farlo per una porzione marginale dello stesso, cercando di prendere in considerazione quelli focalizzati su settori o su aree geografiche ancora piuttosto di nicchia, o comunque in quei segmenti poco battuti che presentano ancora parecchie inefficienze sfruttabili, in tali casi un buon gestore può fare la differenza: pensiamo ai paesi emergenti o addirittura di frontiera, o all’ azionario small cap per fare qualche esempio.
Nell’ approccio che uso personalmente, cerco di includere con percentuali esigue qualche fondo attivo che ha dimostrato negli anni di fare molto meglio del mercato (non mi basta che sia andato leggermente meglio). Prodotti del genere, che si sono comportati benissimo in passato (anche se non è detto che lo facciano in futuro) non vedo perchè bisogna farseli scappare.
La domanda ora è: avendo un capitale pari a 100, quanto di esso posso destinare a fondi di questo tipo?
Dipende da alcune variabili, ma visto che in molti casi si tratta di fondi che fanno molto bene ma prendendosi qualche rischio in più, un’ idea di base è di non superare un 5% di portafoglio per fondo, soprattutto relativamente a quelli che operano con logica da hedge fund, ovvero maggiormente speculativa.
In conclusione, eviterei la gestione attiva dove c’è da sbagliare il meno possibile, preferendogli un Etf classico, mentre la valuterei dove posso permettermi di sbagliare.
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