Continuando a trattare i cosiddetti portafogli statici, non si può evitare di citare il celebre Swensen Portfolio, che deve il nome al suo ideatore: David Swensen.
Classe 1954, Swensen è un investitore americano, filantropo e gestore di hedge funds;
un curriculum di tutto rispetto quello del famoso investitore, che terminati gli studi ha ricoperto cariche importanti, prima in Lehman Brothers e poi, a partire dal 1985 nell’ università di Yale, di cui è diventato responsabile del fondo di investimento interno. Swensen ha poi all’ attivo importanti pubblicazioni, quali il suo bestseller, pubblicato nel 2005 ed intitolato Unconventional Success: A Fundamental Approach To Personal Investment
https://www.amazon.it/gp/product/0743228383/ref=as_li_tf_tl…
Volendo analizzare il portafoglio in questione, ci viene come al solito in aiuto Portfoliocharts:
https://portfoliocharts.com/portfolio/swensen-portfolio/
La composizione è la seguente:
- 30% Azionario Usa
- 15% Azionario paesi sviluppati (ex-Us)
- 5% Azionario Emergenti
- 15% Tips (Treasury Inflation Linked)
- 15% Titoli di Stato Usa scadenza intermedia (5-7 anni)
- 20% Reit
Ogni asset class presente in tale portafoglio può essere coperta ricorrendo a fondi di tipo passivo (ETF).
Ricordiamo inoltre che ovviamente il modello in questione (pensato originariamente per l’ investitore americano) è adattabile anche a noi europei.
Prima di scendere nei dettagli e vedere in numeri come questo modello si è comportato negli anni, è opportuno far notare (un occhio attento lo avrà già capito) come tale portafoglio è contraddistinto da un’ impostazione più aggressiva rispetto ad altri modelli finora esaminati (Permanent, All Seasons).
Dal 1972 ad oggi lo Swensen Portfolio ha prodotto un rendimento reale annuo del 6,6% (calcolato al netto dell’ inflazione ma al lordo di tasse e commissioni), a fronte di una volatilità dell’ 11,2%.
Il tasso annuo di crescita composto (CAGR) dal 1972 ad oggi, limitandosi ad un ribilanciamento annuale, è del 6,0% (anche questo è un dato inflation adjusted ma che non tiene conto di tasse e commissioni).
Il CAGR inflation adjusted di chi avesse investito negli ultimi 15 anni è maggiore del 7%, come si può vedere nel grafico che riporta gli istogrammi relativi al 15-yr rolling returns.
Lato drawdown, la più profonda perdita successiva ad un picco risulta essere ad oggi del 35% (una buona fetta di azionario in portafoglio può comportare tutto ciò, c’è poco da girarsi intorno), mentre il più lungo è durato 10 anni.
Sicuramente si tratta di un portafoglio molto performante e che ha nel tempo dimostrato robustezza e stabilità, ma che potrebbe non essere adatto ai deboli di cuore visto come è strutturato. Viceversa, può essere l’ arma vincente di chi ha una maggiore propensione al rischio, magari abbinata ad una giovane età.