Rick Ferri Core Four

Ott 25, 2018 | I portafogli statici o "LAZY"

Continuando la trattazione dei portafogli “sempreverdi”, andiamo a soffermarci su un’ altra pietra miliare del settore: il Rick Ferri Core Four, ideato dallo stesso Rick Ferri, pioniere dell’ utilizzo dei fondi “low cost”, ovvero ETF e fondi passivi indicizzati, con all’ attivo una carriera zeppa di pubblicazioni (ha scritto 6 libri ed è stato tra l’ altro editorialista di Forbes.com e del Wall Street Journal).
Oltre a ciò, l’ autore ha una grande esperienza nella gestione patrimoniale, essendo stato il fondatore di una società di consulenza per gli investimenti.
Per concludere infine merita una citazione il suo bestseller nonchè guida per l’ asset allocation: All About Asset Allocation

https://www.amazon.com/All-About-Asset-Allocation-Second/dp/0071700781/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1455993872&sr=1-1&keywords=all+about+asset+allocation

Tornando al modello ideato da Ferri, esso, replicabile sempre con strumenti passivi quali ETF o fondi indicizzati, è formato nel seguente modo:

  • 48% TOTAL STOCK MARKETS
  • 24% AZIONARIO GLOBALE
  • 20% BOND DURATA INTERMEDIA
  • 8% REIT’S

La composizione originaria, riportata da Portfoliocharts, è pensata per l’ investitore americano, quello europeo (qualora volesse esporsi su strumenti quotati in € oltre che più “familiari”), può inserire invece che il Total Stock Markets, un indice europeo diversificato (per esempio lo Stoxx 600), mentre lato azionario globale può optare per un ETF che replichi l’ indice Msci World ex EMU; stesso discorso ovviamente vale lato bond e reit’s.

Prendendo come riferimento i dati di Portfoliocharts andiamo a vedere come questo portafoglio si è comportato negli anni: dal 1970 ad oggi il rendimento medio annuo (reale, quindi al netto dell’ inflazione, ma senza considerare tasse e commissioni) è stato del 6,9% a fronte di una volatilità, misurata dalla deviazione standard, del 13,1%. Il modello in questione ha perso soldi per un quarto del periodo oggetto di monitoraggio. Chi ci avesse investito negli ultimi 15 anni, avrebbe portato a casa più del 7% annuo di CAGR inflation adjusted. Lato drawdown, la più profonda perdita successiva ad un picco è stata del 39%, mentre il più lungo è durato 10 anni.

Alcune considerazioni: il modello in questione si è dimostrato negli anni particolarmente valido (la statistica parla chiaro), tuttavia per via della struttura piuttosto aggressiva, essendo sbilanciato sull’ azionario (con un 72% complessivo) e contenendo un 8% di reit’s, che come volatilità non sono certo assimilabili ad un buono postale, sicuramente non è adatto a tutti i profili di investitore. Può avere senso per chi si trova in giovane età e ha il tempo dalla sua parte, per l’ investitore più dinamico o per dedicarci solo una parte del proprio patrimonio. I più prudenti farebbero meglio ad orientarsi su portafogli più moderati.

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