Permanent portfolio di Harry Browne

Ago 13, 2018 | I portafogli statici o "LAZY"

Chi l’ha detto che per costruire portafogli su basi solide, i quali abbiano una certa robustezza e stabilità di rendimento, bisogna modificare ad ogni piccola o grande scossa di mercato il peso delle asset class contenute al loro interno? Certamente beccare massimi e minimi è il sogno di ogni investitore, ma è veramente possibile? E soprattutto, serve davvero ad ogni costo? Premesso che ogni investitore dovrebbe cucirsi su misura la metodologia d’ investimento che più è coerente col proprio carattere, dal quale dipenderanno direttamente fattori quali l’ essere più o meno aggressivi, o ancora la preferenza verso approcci di tipo statico o dinamico al mercato,(per chi non è alle prime armi possono sembrare cose dette e ridette e, visto che non voglio annoiare nessuno, cerco di andare al punto), è opportuno sottolineare che esistono dei portafogli, costruiti con strumenti decorrelati fra loro, che non necessitano di particolari modifiche in seguito alla loro implementazione, se non un ribilanciamento periodico, i quali hanno dato e continuano a dare risultati soddisfacenti, e non parliamo di un periodo di gloria di 4 o 5 anni, bensì di quasi mezzo secolo, nel quale è successo di tutto: shock petroliferi, tensioni a livello geopolitico, attentati, insomma cigni neri di ogni tipo, eppure questi portafogli hanno retto, (per carità ci sono stati gli anni difficili e chiusi in rosso, ma i risultati di lungo periodo parlano chiaro), segno che molte volte anche in finanza le cose più semplici sono quelle che a conti fatti si rivelano maggiormente efficaci. Diversamente dall’ America, in cui questi cosiddetti lazy portfolios sono molto diffusi, in Italia, come tante delle cose che ruotano attorno all’ emisfero finanziario, restano tuttora un oggetto misterioso. In quest’ articolo ci soffermeremo su uno tra i più celebri di questi lazy portfolios: il Permanent Portfolio di Harry Browne (a cui è stato dedicato persino un libro intitolato The Permanent Portfolio: Harry Browne’ s long term investment strategy….

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Proseguendo con la presentazione e l’ analisi di questo portafoglio, notiamo come esso è composto da 4 classi di attivi equipesati: come una torta suddivisa in 4 parti uguali; abbiamo quindi un 25% di azionario, un 25% di titoli di stato a lungo termine, un altro 25% di cash (nella cui accezione del termine è possibile far rientrare, anche a seconda del contesto di riferimento, liquidità nella forma di: obbligazioni statali a 1-3 anni, fondi monetari, conti deposito), e un restante 25% di oro. Essendo stato concepito per un investitore americano, il portafoglio si concentra su strumenti che investono nell’ azionario e nell’ obbligazionario a stelle e strisce, ma un investitore dell’ area euro può adattare lo stesso concetto puntando su strumenti prettamente europei, il risultato non cambia. E’ possibile replicare questo portafoglio servendosi quindi di 4 ETF (o meglio 3 ETF + 1 ETC sull’ oro). I risultati sono sorprendenti: puntando infatti su assets correlati storicamente in modo negativo, ci sarà sempre uno strumento che farà bene in luogo di uno che soffrirà; nei periodi di propensione al rischio ad es. il portafoglio sarà trainato dall’ azionario, nelle fasi di risk off e di grande volatilità dal bene rifugio per eccellenza, ovvero l’ oro.
E’ questo il segreto del suo successo, sfruttare il fatto che i mercati sono come dei vasi comunicanti e che quindi la liquidità in uscita da un asset, deve per forza rientrare in un altro.

Volendo tradurre tutto in numeri, ci viene in aiuto Portfoliocharts.com

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Dal 1970 al giorno d’ oggi questo portafoglio ha prodotto un rendimento medio annuo del 5% (i dati sono al netto dell’ inflazione ma non considerano tasse e commissioni) a fronte di una volatilità (misurata dalla deviazione standard) del 6,9%. Il tasso annuo di crescita composto (CAGR), calcolato sempre a partire dal 1970 e sempre al netto dell’ inflazione è del 4,7%. Non male eh. Interessante anche il dato relativo al 15-yr rolling returns; se per es. avessimo investito negli ultimi 15 anni, avremmo avuto un CAGR inflation adjusted superiore al 5%. Lato drawdown, è opportuno segnalare che la più profonda perdita successiva ad un picco è stata del 14%, mentre in termini temporali il più lungo è durato 5 anni. Questi a altri dati più dettagliati sono consultabili al link sopra.

In conclusione, è vero che del futuro non c’è certezza e che i mercati finanziari sono sempre più complessi ed in continua evoluzione, ma è pur vero che adottando poche regole ma CHIARE si riesce ad ottenere risultati del tutto inaspettati.

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