Un titolo del genere può sembrare una provocazione per chi ha scarsa dimestichezza in campo finanziario, tuttavia non è così, vediamo perchè facendo un passo indietro e introducendo il concetto di inflazione: l’inflazione non è altro che l’aumento del livello generale dei prezzi; tutti siamo d’accordo che i prodotti di più comune utilizzo hanno subito nel corso degli anni un graduale aumento dei prezzi, l’esempio più banale è quello della spesa, se qualche anno fa infatti si faceva con 100 mila lire (esempio banale), oggi per comprare gli stessi prodotti occorreranno 100 € (circa il doppio). L’inflazione viene frequentemente calcolata (mese su mese, anno su anno) dall’ISTAT seguendo precisi parametri, i quali permettono di avere una fotografia dell’aumento del costo della vita; essa va ad erodere il potere d’acquisto, vediamo come: se investo 100 in un dato prodotto e dopo un anno me ne ritrovo 101 (ho realizzato l’1% di guadagno), ma nello stesso intervallo di tempo l’inflazione è aumentata del 2%, a primo impatto sarò contento di avere più denaro di prima, tuttavia per acquistare ciò che costava 100 lo scorso anno, avrò bisogno di 102, morale della favola pur ritrovandomi con più soldi di prima ho perso, o meglio ancora, ho guadagnato in termini nominali ma ho perso in termini reali. Ed è ciò che è successo e che ahimè continua a succedere a tante famiglie italiane, le quali si ritrovano con tutto il denaro a loro disposizione riversato alla cieca sul conto corrente, in assenza di qualsiasi pianificazione e della volontà di informarsi/affidarsi a qualcuno, lamentando anzi la mancanza di alternative. Oggi è stato rilevato che in Italia su 4200 miliardi di € (cifra che rappresenta i risparmi totali), oltre 1200 ( il 30% circa) rimangono liquidi a marcire sui conti correnti. Bene, vediamo cosa ha comportato negli ultimi 20 anni la scelta di lasciare tutto liquido sul conto: prendendo in considerazione il tasso di inflazione annuo registrato in Italia tra il 1998 ed il 2017, come dimostra l’elaborazione di Fulvio Marchese, 100 € in valore reale sarebbero diventati 69,6, dunque chi non ha investito ha perso il 30% del suo denaro nell’ultimo ventennio, che tradotto in numeri viene 3.000 ogni 10.000, 30.000 ogni 100.000 e così via.
A scanso di equivoci, i 10.000 (o 100.000 o 1.000.000) sono rimasti tali, solamente ci si possono comprare meno cose rispetto ai 10.000 di 20 anni fa; il loro potere d’acquisto è stato eroso dall’inflazione. E’dunque questa l’unica certezza, che a non investire nel lungo periodo si perdono soldi. Allora cosa fare potrebbe obiettare qualcuno: si inizia a ragionare per obiettivi, tenendo conto della propria propensione al rischio e del fattore tempo (che orizzonte temporale ho, per quanto posso tenere investito il mio capitale) e si cercano gli strumenti più idonei in funzione di ciò: ho della liquidità da gestire e soldi che non posso perdere: mi cerco il “meglio” tra conto deposito e conto corrente. Se ho esigenze di base mi faccio un home banking a costo 0, ciò significa ottimizzare le spese (può sembrare poco, ma poco di qua, poco di là, sono soldi). Quelle appena citate sono scelte conservative e nel lungo termine è già tanto se si riesce a coprire l’inflazione, ma ad oggi il mercato questo offre, ciò è un motivo per cui fatto 100 il mio capitale, devo sempre destinare una parte all’investimento, con obiettivo entrate periodiche, rendimento o entrambi. Un’idea prudente di base per chi è completamente a digiuno di finanza potrebbe essere di cominciare a prendere confidenza iniziando ad investire un 20% della liquidità disponibile. Bisogna vedere però prima di tutto cosa si cerca nello specifico: se voglio avere delle entrate periodiche, mi vado a cercare strumenti (che non siano spazzatura o comunque diversificati) ad alto dividend yield (rendimento da dividendo), sapendo che sto correndo un rischio, basso o medio a seconda di cosa compro, e che comunque impegnerò il mio capitale per un periodo di tempo maggiore (medio o lungo generalmente). Se voglio rendimento, devo avere ben chiaro che l’asset class che storicamente ha prodotto quello maggiore è l’azionario (che non significa avere il 100% di esso in portafoglio in funzione di questo obiettivo), che ci sono rischi e tempi di maturazione maggiori, tenendo presente che per rischio non si intende (almeno nei casi qui citati) il rischio di perdere tutto ciò che è stato messo sul piatto (nel caso di prodotti altamente diversificati non c’è il rischio di veder azzerato il capitale), bensì l’oscillazione che il capitale può avere nel corso dell’investimento (sia in positivo che in negativo). Bisogna avere chiari questi concetti prima di avventurarsi e prendere decisioni d’acquisto riguardo questo o quel prodotto, altrimenti ci sarà sempre un certo grado di confusione ed un maggior proliferare di prodotti costosi e inefficienti, che verranno collocati facendo leva sull’ignoranza comune e sulla scarsa voglia di informarsi.