Harry Markowitz (premio Nobel per l’economia 1990) la definì come l’unico pasto gratis in finanza, stiamo parlando della diversificazione, ma in cosa consiste questo concetto? Semplicemente vuol dire non mettere tutte le uova in uno stesso paniere, ovvero di spalmare i propri investimenti su più asset: azioni, obbligazioni, materie prime, immobiliare e così via. Sicuramente diversificando non si diviene ricchi da un giorno all’altro, ma, cosa ben più importante, non si diventa neanche poveri. Una diversificazione fatta adeguatamente va a diminuire il rischio, comporta una maggiore stabilità ed efficienza e va ad aumentare il rendimento dell’investimento. La diversificazione rappresenta la base di quello che è un approccio prudente all’investimento, l’opposto quindi di quello che è l’approccio di scommessa (comune a tanti), che può riguardare un asset, un singolo titolo, un settore, un paese. Per capire come la diversificazione va ad attutire il rischio è possibile ricorrere ad un banale esempio: quello di 2 portafogli, uno investito al 100% in azioni (poniamo caso tramite ETF su indici globali) e un altro (il classico prodotto bilanciato), investito per un 50% nell’azionario e per un 50% nell’obbligazionario (sempre tramite ETF a copertura globale), è vero che il primo ha un maggior rendimento atteso, ma è anche più rischioso; in numeri ciò significa, che il drawdown (perdita massima) che potenzialmente può subire il portafoglio azionario è del 50% circa (misurato su dati storici), a fronte di un 20% circa del portafoglio bilanciato. Cosa significa questo? Significa che dopo una perdita più profonda dovrò guadagnare di più per tornare a quanto avevo inizialmente (punto di pareggio). Se per esempio ho 100 e perdo il 20% (20), per tornare a 100 dovrò guadagnare il 25%, mentre se avendo 100 perdo il 50% (50), per tornare in parità dovrò guadagnare il 100%. Funziona così, più si perde, maggiore sarà la quantità da guadagnare per tornare in pari. La tabella sottostante fotografa bene la situazione.
Una volta spiegato perchè è importante contenere il rischio, è opportuno andare a vedere come diversificando si ha maggiore stabilità ed efficienza. Per spiegare ciò va introdotto il termine decorrelazione (o correlazione inversa). Il concetto è semplice, i mercati finanziari sono come dei vasi comunicanti in cui a seconda della fase in cui ci troviamo, risk on o risk off (leggasi anche propensione o avversione al rischio), la liquidità si sposta da un asset ad un altro, le fasi di risk on premieranno l’azionario, quelle di risk off altri beni rifugio quindi oro su tutti, ma anche Bund, Yen, Franco Svizzero. La cosa fondamentale da capire è che il denaro deve andare in qualche parte, non può sparire, semplicemente si sposta da un asset all’altro durante le varie fasi di mercato.
Ecco dunque che inserire in un portafoglio strumenti correlati in modo negativo darà stabilità, per via del fatto che la perdita subita da uno strumento sarà compensata o comunque attutita dal guadagno di un altro strumento che si muove in maniera opposta. Il classico esempio di correlazione negativa può essere quello dell’azionario con l’oro, avere entrambi in portafoglio costituirà una sorta di scudo protettivo. Ovviamente le varie correlazioni possono sfasarsi o variare nel breve, non c’è una perfetta sincronizzazione, ma è pur vero che è il lungo termine a rivestire importanza, motivo per cui va dato ad esso un peso ben maggiore. Certamente va ricordato che, per distinguere tra atteggiamento di “scommessa” e di investimento (differenza non sempre chiara) bisogna poi operare una diversificazione all’interno di ogni categoria di asset class; per esempio all’interno dell’universo azionario bisognerà poi diversificare per settore, area geografica ecc.; per l’investitore scrupoloso e di buon senso è saggio affidarsi a fondi (ETF prevalentemente), in quanto avere un esposizione su 500, 1000, 2000 titoli è diverso che avercela sul singolo titolo, si va ad evitare il rischio specifico, è impossibile infatti che 1000 titoli falliscano, mentre è possibile che il singolo titolo fallisca.
È così che si va ad abattere il rischio; lo stesso ragionamento vale per le obbligazioni e per tutto il resto: è saggio diversificare per emittente, scadenze, paesi; un’esposizione su 1000 bond ottenuta tramite etf darà sempre un certo grado di tranquillità, cosa che non sempre si ottiene operando sul singolo emittente. Un bond spazzatura non ci farà dormire la notte (sanno qualcosa coloro che detenevano bond argentini nei primi anni 2000), mentre un etf con 500 o 1000 bond spazzatura diversificati sarà sempre meno rischioso (per come è strutturato non potrà mai fallire). Questi sono concetti basilari da comprendere per evitare di confondere un investimento sensato con la pura speculazione, sono due cose completamente diverse, hanno senso entrambe, assegnando le corrette proporzioni rispetto al proprio patrimonio, ma non è quello il punto, bensì aver chiaro cosa rappresenta l’una e l’altra cosa. Far luce su questi concetti visti fin ora mette al riparo dalla possibilità di fare danni, danni che vengono creati quando non c’è alcuna pianificazione alla base e ci viene rifilato un prodotto non adatto alle nostre esigenze. Sicuramente con un’attenta osservazione delle poche ma fondamentali regole di buon senso qua citate non si sarebbero verificate le vicende drammatiche che hanno portato all’azzeramento dei risparmi nei vari casi susseguitisi negli anni: Lehman Brothers, bond argentini, Parmalat, Cirio, Banca Etruria, banche venete e così via. Segno che pochi concetti ma chiari fanno la differenza.